Sempre più condivisa la filosofia di chi abbraccia una gestione autonoma della propria attività. Lontano da spazi aziendali e in assenza di contatto diretto con colleghi, superiori, utenti e potenziali virus influenzali.
di Alessandro Cini
Sono le 12,15 di un giorno infrasettimanale. Durante la sua pausa pranzo mi accingo a chiamare Gianluca Aronne, uno dei tanti lavoratori italiani che ha deciso di trasferire l’ufficio in casa propria; uno dei tanti “a tempo indeterminato” che, grazie agli accordi sottoscritti con la propria azienda, sta dando un senso concreto al concetto di lavoro agile. Per noi di Brain at Work quello dello “smart working” è un tema particolarmente caro: decine gli articoli pubblicati sul nostro sito e lunga la lista degli interventi raccolti sull’argomento durante i Career Day a cui abbiamo partecipato attivamente. In realtà nel caso di Gianluca l’espressione “smart working” non è quella più esatta, sarebbe più corretto infatti parlare di “home working”, una modalità di lavoro che ha delle similitudini con la “smart”, un’alternativa al classico lavoro in sede che molte aziende propongono o che si vedono proporre dagli stessi lavoratori. Il nostro “home worker” ha 52 anni, vive a Roma con la moglie Alessandra e il figlio Valerio nella vecchia Monte Mario e lavora nel competitivo settore dell’energia. Questo, tuttavia, non gli impedisce di coltivare tre passioni: la sua Harley Davidson, il calcio e la musica metal in versione “death”. Tre squilli di cellulare, i saluti di rito e un rapido riepilogo della situazione legata al Coronavirus, a casa tutti bene. Conveniamo ironicamente sul fatto che lavorare dalla propria dimora comporti un benefit difficilmente quantificabile in ordine economico e sanitario. Non dover condividere starnuti e colpi di tosse con il resto del proprio mondo lavorativo sarà anche un piccolo passo per l’umanità, ma è di certo un grande passo per il lavoratore. Iniziamo l’intervista.
Quando è cominciata la tua esperienza come “home worker”?
Due anni e mezzo fa. Opero nel settore energetico e a richiesta abilito i lavoratori dei call center a lavorare con i nostri sistemi. L’azienda per la quale lavoro aveva aperto alla possibilità di effettuare la propria mansione da casa o comunque lontano dalla sede fisica. C’erano stati molti colleghi, inoltre, che avevano proposto alla dirigenza questa alternativa. Alcuni di noi hanno accettato la proposta aziendale e hanno iniziato questa nuova vita lavorativa. Ci tengo a sottolineare che, almeno all’interno della nostra realtà, i contratti “ smart” e “home” hanno caratteristiche diverse, anche se l’obiettivo finale è lo stesso: gestire autonomamente il proprio lavoro. Il mio orario va dalle 8,00 alle 16,00, con una mezz’ora per il pranzo e mi comporto esattamente come se fossi presso la mia postazione in sede.
Com’è cambiata la tua vita?
Dal punto di vista pratico è cambiato tutto. Lavorando in ufficio dovevo svegliarmi molto prima del dovuto e benché mi spostassi con le due ruote, ero costretto ad affrontare il traffico cittadino fino al quartiere dell’Eur, molto lontano dalla zona in cui abito. Quel tempo che passavo in motorino l’ho recuperato tutto in tranquillità, mettiamo in conto l’eliminazione dello stress quotidiano dovuto agli spostamenti. Poi c’è la voce risparmio: la prima cosa che ho fatto è stata vendere il motorino e tenere la moto. Questo ha significato, solo per fare un esempio pratico, risparmiare su benzina, assicurazione e bollo. Prima di prendere servizio ho il tempo per gestire piccole questioni casalinghe, cosa che mi sarebbe stata impossibile in precedenza. Direi che non possiamo tralasciare la questione della salute, ritmi e orari compressi spesso non sono compatibili con un’alimentazione sana ed equilibrata. Oggi, nella mia mezz’ora di pausa, cerco di pranzare in maniera salutare. Ultima, ma non in ordine di importanza, arriva la questione della “produttività”: esercitando nei propri spazi e guadagnando tempo si lavora di più sentendone meno il peso.
Che dicono i tuoi colleghi “home worker”?
Ci sentiamo spesso, ci scambiamo opinioni e siamo tutti concordi, una svolta! Però concedimi una riflessione: per lavorare “da casa” o in una modalità “smart working” devi avere una testa predisposta a farlo. Molte persone mi dicono che per loro sono ancora importanti l’ufficio, la relazione con i colleghi, l’impegno quotidiano lontano dalle quattro mura domestiche. Per questo restano ancorati alla routine quotidiana. Personalmente sono sempre più convinto che dalle nuove forme di lavoro guadagni la città, l’azienda e il lavoratore.
Pausa pranzo terminata, intervista ultimata. Ciao Gianluca, alla prossima.