… che è un po’ il sogno di tanti giovani partiti per studiare in università del nord o estere, o direttamente per cercare lavoro, poiché il tessuto economico locale e le prospettive occupazionali del meridione, in molti casi, purtroppo, li hanno costretti ad una sorta di emigrazione forzata. Giovani con un biglietto sempre nel cassetto e l’eterno sogno di poter tornare a lavorare quantomeno dalla propria terra.
Ma cos’è concretamente il cosiddetto fenomeno South Working?
Il ricorso al lavoro agile o allo smart working, e la conseguente possibilità di non doversi recare tutti i giorni in ufficio, ha dato l’occasione a molti di poter scegliere il luogo dove svolgere la propria prestazione lavorativa; e tantissimi fuori sede hanno scelto di tornare a lavorare da casa, vicini ai propri affetti.
Il COVID-19, visto in questa prospettiva, ma soltanto in questa prospettiva, è stato quindi un’opportunità per molte persone di ristabilire un “work-life balance” maggiormente sostenibile.
Se questa modalità lavorativa prendesse piede ci sarebbero notevoli vantaggi sia per il dipendente che per le aziende, in termini di affitti, di riduzione degli straordinari, di assenteismo e di ottimizzazione dei costi. Parimenti però si assisterebbe ad uno svuotamento delle metropoli a favore di tutte quelle piccole cittadine con una alta qualità della vita.